Dae s'unione Sarda de su 30 de abrile 2014
Dal
2010 una prima versione del Cros è stata disponibile online sul sito
della Regione. Può anche essere scaricata gratuitamente dalle suite
OpenOffice e LibreOffice. Ma ieri una nuova versione è stata presentata
in forma solenne nella sala consiliare del Municipio di Oristano. Dove
si è festeggiato il raggiungimento dei 40 mila lemmi fondamentali.
Traguardo di tutto rilievo. «Un correttore ortografico di una lingua
europea si considera assestato quando raggiunge quota 30 mila», ha
spiegato Francesco Cheratzu della casa editrice Condaghes, che ha
realizzato il Cros, insieme alla azienda informatica Smallcodes di Carlo
Zoli. «I nostri 40 mila vocaboli base, grazie alle regole codificate
nel programma, sono in grado di generare più di tre milioni di parole».
Da molti dialetti, la lingua di una nazione.
Il
Cros è un work in progress. Ma è anche il simbolo dell’Ufìtziu Limba e
Cultura sarda. Istituito nel 2008 sotto la guida di Giuseppe Corongiu,
49 anni, di Laconi. Il primo rappresentante del Movimento linguistico a
entrare nelle istituzioni. Un militante che diventa burocrate. Mission
impossibile? Macché. Nominato da Renato Soru, Corongiu è stato
confermato dal centrodestra. Alfiere della standardizzazione, ha portato
la Limba sarda comuna nelle scuole, nei libri, nei giornali. Il suo
incarico (era in comando dal Comune di Quartu) scade il 16 maggio.
L’hanno invitata a restare?
Ci
vorrebbe una legge ad hoc. Non si è mai visto che una decisione del
genere si prenda in 15 giorni. Una leggina del Consiglio precedente ha
sanato situazioni simili, ma non la mia.
L’addio di Giuseppe Corongiu è la fine dell’Ufìtziu e della sua politica linguistica?
Sono dispiaciuto, ma nessuno è insostituibile. Anche se è un segnale negativo verso il Movimento linguistico.
Che cosa è la Limba sarda comuna?
«È ciò che può fare del sardo una lingua normale».
Dicono che sia una lingua di plastica, che nessuno parla.
«Tutte
le lingue scritte sono lingue artificiali. Senza la Lsc abbiamo solo i
dialetti tradizionali, che non saranno mai legittimati come lingua vera e
propria. Non esiste al mondo una lingua che ognuno scrive come vuole o
come sente in casa. Quello si chiama dialetto. Senza una norma ufficiale
non ci prenderanno mai sul serio, a Roma e Bruxelles».
I linguisti delle università sarde sostengono che esistano due macrovarianti irriducibili a unità, il logudorese e campidanese.
«Sono
due astrazioni tradizionali e accademiche molto radicate. Continueranno
ad esistere insieme alla Lsc. Ma ufficializzare due norme significa
dire al mondo, e a noi stessi, che non esiste la lingua sarda, bensì due
entità etnico-linguistiche. Cedere a questa linea significa scatenare
il localismo. Il baroniese, l’ogliastrino, il nuorese, l’arborense e
altri pretenderebbero l’ufficialità. Invece bisogna tutelare con forza
gallurese, catalano, sassarese e tabarchino, che sono vere e proprie
lingue minori».
Chi sono i padri della Lsc?
«Il
padre politico è stato Renato Soru. Ugo Cappellacci è stato un gran
signore a proseguire. Michele Contini dell’Università di Grenoble e
Diego Corraine i linguisti più vicini. Anche Roberto Bolognesi, che poi
però ha cambiato idea. Io sono stato un trainer, uno zio speciale. Di
quelli che provocando ti aiutano a crescere nel mondo».
La Lsc doveva avere carattere sperimentale. Lei è accusato di aver spinto solo quella.
«S’Ufìziu
ha messo in pratica le decisioni politiche. Il piano triennale
2011-2013 ha stabilito che la norma fosse implementata anche
all’esterno. E ha avuto l’assenso di Giunta, Consiglio, Commissione
Cultura, Osservatorio, Conferenza Regioni-Enti locali. Università e
Province non hanno espresso pareri negativi».
Che fa, si tira indietro?
«No.
Se mi si accusa di aver influenzato le decisioni politiche, ne sono
soddisfatto. Ho seguito una metodologia usata in tutta l’Europa
bilingue, evitando il folklore».
Chi verifica i risultati?
«S’Ufìtziu
ha messo online la relazione sul lavoro svolto: aumentano i progetti di
sardo a scuola, i libri e gli interventi sui media in Lsc. Ad altri
spetta la sintesi».
Il
Cros contempla le varianti del sardo diverse dalla Lsc. Perché invece
quest’ultima non dovrebbe allargare lessico e regole? Perché non
lasciare i sardi liberi di scegliere fra àcua e abba?
«Ognuno
può parlare come crede: la Lsc norma solo lo scritto. Sono d’accordo
sull’ampliamento, ma senza stravolgimenti. Il limite è tecnico, la
lingua è quella che è, se allarghi troppo la strappi. Quello che conta è
convincersi che lo scritto è diverso dal parlato, come in inglese. È la
distanza dal dialetto di casa che conferisce prestigio. Se riusciamo a
fare questo salto di qualità, bene. Oppure si andrà avanti con lo status
quo. Che non è il massimo».
Dicono che la Lsc ucciderà le parlate locali.
«A
ucciderle semmai è l’italiano. Un suicidio di massa, indotto
dall’orientalismo, dalla circolazione di miti e bugie sulla lingua e su
noi stessi. La Lsc è come il piano paesaggistico per le coste: una norma
di tutela che salvaguarda l’ambiente linguistico. I vincoli irritano,
sorgono spinte a cementificare. Ma alla fine è meglio avere una norma
costiera piuttosto che mille spiaggette, asfaltate dall’italiano».
“La
lingua cresce se è standard” dall’Unione Sarda di mercoledì 30 aprile -
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